I modelli di previsione con i quali le Istituzioni finanziarie gestiscono il loro business non avevano minimamente preso in considerazione l’eventualità di una pandemia come quella che si sta verificando con il COVID-19, poiché sono stati progettati per predire un futuro stabile, seppure adombrato da qualche fluttuazione.
Il vero problema, tuttavia, non è se avessero previsto o meno una crisi mondiale di queste proporzioni, ma che non avessero alcun piano di riserva per gestire una crisi così violenta, in grado di sconvolgere i mercati di maggior interesse per noi, come gli USA, Germania e Cina.
Vi sono diverse ragioni per questa mancanza.
Innanzitutto, le ipotesi e i vincoli dei modelli sono stati definiti in un mondo pre-COVID: si basano su dati storici, alcuni molto storici, senza un accesso continuo a dati più recenti per un refresh più aderente alla realtà.
Gli effetti sulle operazioni di lending sono molto ampi:
- I modelli di rating sono inaccurati perché non sono in grado di aggiornare gli score rapidamente, rendendoli irrilevanti nella valutazione del merito di credito per settori di mercato o segmenti di clientela;
- Gli indicatori di allerta forniscono segnali devianti, con la conseguenza di perdere il loro potere di preavvertire in caso di potenziali problemi futuri;
- I modelli di liquidità sono in difficoltà nel predire grandi flussi e le ristrutturazioni del portafoglio, mettendo a rischio le posizioni
Ma la cosa più grave è che – anche se esistesse la possibilità di integrare nuove informazioni in modo agile ed efficace – non esistono le infrastrutture tecnologiche ed organizzative per una rapida trasmissione delle decisioni del Top Management dal centro verso la periferia, per adattarsi alla evoluzione rapida del contesto.
Tenendo presente che, nel corso dei prossimi anni, l’evoluzione del contesto economico della clientela della banca subirà momenti di variazione anche in rapida successione, si potrà verificare che gli aggiustamenti ai criteri di lending verranno implementati dalla periferia della banca, quando l’effetto che li ha provocati presumibilmente sarà già svanito e nuovi scenari saranno sorti all’orizzonte.
Far “posto” alla resilienza anche nella Banca.
Le istituzioni finanziarie devono rivedere urgentemente i loro modelli strategici per far “posto” alle conseguenze strategiche ed operative di un termine che si sta facendo strada negli ambienti del Risk Management: la resilienza.
Per “resilienza” si intende la capacità di una struttura di assorbire un impatto anche violento e di tornare progressivamente allo status quo ante.
Introdurre il concetto di resilienza nel rischio di credito di una Banca è un compito ancora più arduo degli altri settori poiché significa agire su due modelli di resilienza – quello delle migliaia di imprese-clienti e quello risultante della Banca – che si influenzano reciprocamente accrescendo le incertezze degli esiti finali.
Solo per un accenno alla complessità del problema, la valutazione della resilienza di una impresa PMI o Midcap deve tener conto non solo della capacità di sopravvivenza dell’impresa ma anche della sua clientela, dei fornitori, del segmento di mercato, dei mercati di sbocco, ecc. con un’attenzione decine di volte più accurata rispetto ad un passato molto stabile poiché la variabilità del contesto di business del post-COVID è imprevedibile nei tempi e nei modi.
Ma, pur nella capacità del Risk Manager di prevedere correttamente ogni evoluzione del contesto e di sviluppare criteri di “personalizzazione spinta” (deep personalization) della valutazione del rischio, resta la mancanza di una “cinghia di trasmissione” dal centro alla periferia per una gestione degli affidamenti veramente risk-adjusted.
Una sfida veramente importante per un periodo di grande sconvolgimento e che richiede soluzioni innovative efficaci ma anche rapidamente attuabili all’interno della cultura esistente pur con un supporto qualificato consentito dalla moderna tecnologia di formazione a distanza.
Un analisi sempre lucidissima, grazie
Considerazioni molto interessanti su cui non avevo riflettuto a fondo, in particolare quella relativa alla “cinghia di trasmissione”; in effetti il rischio che la periferia arrivi ad adeguarsi, o anche solo a comprendere a fondo il tema, quando ormai è tardi è molto alto.
Solo un approccio fortemente basato su intelligenza artificiale e machine learning può fornire il supporto per colmare questo gap in tempi rapidi, e anche un forte impiego della logica fuzzy nelle analisi di rischio.