La pandemia ha rivelato delle falle inattese nei business models sui quali le banche hanno operato negli anni. Quali saranno i modi di affrontare questo problema?
Ogni segmento di mercato è stato impattato dalla crisi in modo diverso da tutti gli altri, le banche non fanno eccezione, ed è difficile valutare ora le conseguenze poiché non si conosce ancora quando e come la crisi finirà.
Una cosa sembra certa ed è che non c’è mai stato nella storia un global shutdown come in questo periodo con conseguenze per ora molto gravi ma che non si riesce ancora a valutare appieno.
I modelli con i quali le istituzioni finanziarie operano e sui quali dipende il loro business non hanno mai preso in considerazione eventi del genere e si trovano oggi nella posizione che tali modelli non sono più adatti ad aiutare le banche a navigare attraverso la crisi e nel post-crisi quando avverrà per tre ragioni principali:
- La massima parte dei modelli sono stati progettati per necessità per predire un futuro stabile e non hanno mai preso in considerazione l’eventualità di progettare ed organizzare un Piano B e mai con un impatto dell’ordine di grandezza di una crisi mondiale di questa gravità in un contesto ancorato da un decennio alla globalizzazione ed al just-in-time.
- I modelli in esercizio attualmente si basano sui dati storici senza la capacità di accesso ai dati più recenti con effetti di ricalibrazione degli outcomes di rating e valutazioni delle imprese.
- Ed anche se avessero accesso a dati più recenti i modelli non sarebbero in grado di integrare agilmente le nuove informazioni perché i sistemi e le infrastrutture sulle quali sono stati costruiti non possiedono la necessaria flessibilità per questo tipo di variazioni.
Le Banche hanno la necessità di avere a disposizione nuovi strumenti e best practices per poter in primis (1) ridefinire con urgenza ed in modo ripetitivo le proprie strategie di lending agendo, se necessario, in modo differenziato sui singoli settori di mercato ed in secundis (2) essere in grado di propagare immediatamente le decisioni prese nelle strutture operative del territorio.
Senza queste capacità strategiche ed organizzative, le banche si troveranno a dover gestire una quotidianità molto variabile e nella quale sarà molto complicato orientarsi nel breve ma molto di più poter sviluppare azioni particolarmente efficaci nel medio termine per aumentare la loro resilienza e fornire un supporto non solo finanziario alla loro clientela per evitare le terribili conseguenze di un effetto “domino” dei default delle imprese sulle altre sostanzialmente sane.
Gli impatti destabilizzanti del COVID avranno innanzitutto un carattere erratico, difficilmente prevedibile nel medio termine e quindi dovranno essere sottoposti a rivalutazione periodica o estemporanea quando il Risk Manager della Banca avrà sentore di qualche anomalia nel mercato o nel singolo segmento dello stesso.
Conoscere meglio il futuro sarà essenziale, avere la capacità di utilizzare sempre ed ovunque queste informazioni sarà ancora più determinante
La vera sostanziale differenza, tuttavia, consiste nel fatto che con il nuovo Business Model è necessario passare dalla saltuarietà episodica dei rapporti con la clientela alla proattività necessaria per stabilire una nuova alleanza per lo scambio di informazioni che superi il tradizionale appuntamento con il nuovo bilancio, quando sarà disponibile.
La Banca dovrà attrezzarsi per provocare e supportare quel cambiamento nei rapporti con le PMI per uno scambio di informazioni a periodi più ravvicinati per anticipare al massimo la conoscenza dei fenomeni in atto ed attivare sistemi di alert che derivino da un efficace sistema di monitoring degli affidamenti alla clientela al fine di minimizzare le perdite inattese, uno dei più significativi vantaggi competitivi dei prossimi anni nella turbolenza che verrà generata dal post-Covid tenendo presente anche la permanenza di interessi ai minimi storici.
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