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AI, Predictive Analytics, Cibernetica, miti salvifici o cambio di paradigma?

18 Settembre 2019

Nei lontani anni ’60, quando cominciai ad interessarmi di IT, il mito salvifico del tempo era la ricerca operativa.

Frotte di scienziati, solite università americane – pochissime le italiane invero – società di consulenza di grande prestigio erano tutti pronti a giurare che la ricerca operativa era la soluzione per le crescenti difficoltà di gestire le grandi società che cominciavano ad apparire nel dopoguerra.

Dopo circa un quinquennio scomparve ed apparvero controllo di gestione, costi standard ecc. fino alla fine degli anni ’70 quando scoppiò il boom dell’informatica che inventava un mito salvifico ogni cinque anni. Non parliamo poi del millennium bug, ricordate? L’umanità sull’orlo del baratro e si sarebbe salvata solo se si comprava l’ultimo ERP della società A piuttosto che quello della società B.

Oggi dopo venti anni c’è nell’aria un’altra spinta alla innovazione tecnologica profonda che parte dalla ristrutturazione fino alla distruzione dell’esistente per la nascita di nuove realtà imprenditoriali più adatte al prossimo trentennio.

Questa nuova tecnologia ha diversi nomi stranissimi, altisonanti e decisamente minacciosi in alcuni casi ed è proprio il momento di approfondire l’argomento con l’ottica tipico del CEO e cioè se la tecnologia apporta effettivamente quei benefici di cui parlano gli esperti e se esiste un contributo reale per la competitività, produttività, profittabilità, ecc. , .

Sgombriamo subito il campo da questa ambiguità: la AI o meglio la cibernetica, intesa come scienza che riunisce tante diverse discipline, non è un mito salvifico ma è una innovazione che sta provocando un autentico cambio di paradigma e lo dimostra il fatto che è attiva da circa venti anni e si sta propagando con i ritmi cinquantennali propri di una tecnologia da cambio di paradigma.

Google, Amazon, Facebook, ecc. sono tutte aziende “cibernetiche” che hanno stabilito soglie di competitività talmente elevate da essere monopoliste nei loro settori.

Direte, ma ci sono milioni di altre aziende che operano ancora al di fuori di certi schemi e sopravvivono senza grandi problemi anche se in un contesto molto più complesso perchè globalizzato.

In effetti è solo un’ottica miope nel breve che impedisce una visione a dieci anni ed oltre e sembra che nel breve tutto sia immutabile nella visione di “business as usual”.

Gli strumenti di aiuto al lavoro umano

Fin dai primordi dell’umanità l’essere umano ha sempre tentato di trovare un aiuto all’esterno di se stesso per compiere più facilmente, più rapidamente o più efficacemente i compiti gravosi che la vita gli proponeva ogni giorno.

Mitica è la scena del film di Stanley Kubrik 2001 Odissea nello spazio. Nella pellicola, il “primate”, in una fase della propria evoluzione, percepisce l’incremento di efficacia nella lotta con l’impiego del femore di un animale morto, da utilizzare come prolungamento del braccio (maggiore violenza) e dotato di una forza di penetrazione notevolmente superiore alla propria mano (durezza dell’attrezzo).

Abbiamo inventato le armi per annientare i nemici ma anche per procurare più selvaggina come cibo per la famiglia ed ogni invenzione ha quasi sempre mostrato i due lati dell’utilizzo.

Da quel momento, abbiamo proseguito con i buoi per arare, la vela per solcare i mari, con l’acqua come “mezzo di trasporto” dell’energia del sole nei mulini, nelle fabbriche, nei generatori di elettricità, ecc. e finalmente siamo arrivati al vapore, al motore a scoppio, all’elettricità,

Ogni innovazione ha sempre prodotto tre effetti:

  • ha modificato lo stato preesistente in modo più o meno distruttivo,
  • ha sostituito il contributo dell’essere umano, in una parte o in tutto, alla realizzazione finale di un lavoro, provocando rivoluzioni anche epocali della struttura sociale,
  • ha migliorato la produttività, intesa come quantità di prodotto ottenuto da una risorsa in un certo intervallo di tempo.

La riduzione della penosità di certi lavori, un effetto significativo in alcune circostanze, l’ho  inserita nel concetto di incremento di produttività.

Poi apparvero i “cervelli elettronici” e tutto fu diverso

Verso la fine degli anni ’40, subito dopo la fine della guerra, vennero alla luce gli effetti degli immensi investimenti che erano stati fatti in ogni direzione da USA ed UK ed apparvero i primi risultati di due tecnologie che avrebbero cambiato il mondo in modo irreversibile: il nucleare e l’elettronica.

Nel nostro caso, furono inventati quelli che oggi chiamiamo “computer” ma che furono definiti “cervelli elettronici” perché per la prima volta l’essere umano aveva inventato una macchina in grado di pensare.

In realtà, si era verificata un’innovazione determinante per la storia dell’umanità, nel bene e nel male che si voglia: era nata l’industria dell’elettronica, dei computer, degli smartphone.

Per fornire una dimensione della portata di tale innovazione, ho preso spunto dal libro di Nicholas Carr “The Big Switch”, pubblicato nel 2008, nel quale l’autore ha comparato l’impatto “trasformativo e di applicazione universale” dell’Information Technology all’avvento della elettricità.

In realtà, l’impatto “trasformativo” dell’IT è sicuramente più decisivo e la ragione di questa differenza è che l’IT ha una sua caratteristica peculiare: incapsula l’intelligenza; non per nulla i computer all’inizio vennero chiamati electronic brains (cervelli elettronici) proprio perché erano, e sono, in grado di pensare.

Pensare non come si intende abitualmente, dato che molti esperti ritengono che in termini di intelligenza generale i computer siamo equivalenti ad un insetto, ma su compiti specializzati, di routine, complessi quanto si vuole ma con esiti prevedibili e, quindi, programmabili.

Un insetto, infatti, non è in grado di guidare un aereo, di gestire le vostre transazioni finanziarie in Borsa, di prenotare voli e alberghi a distanza di migliaia di chilometri, di guidare una capsula spaziale su Marte, di supportare l’attività di una sala operatoria, per esempio.

La natura stessa dell’IT tradizionale finora ha esercitato il suo potere “trasformativo” su problemi complessi quanto si vuole ma solo con esiti prevedibili. Il programmare un computer per eseguire una funzione significa sapere “in anticipo” esattamente ed accuratamente tutto quello che la funzione deve fare e non fare.

Ora, con le enormi potenze di calcolo dei computers attuali, siamo in grado di spostare l’automazione anche su altri contesti più  complessi e sofisticati come ad esempio i sistemi decisionali con la possibilità di realizzare applicazioni con l’uso delle tecniche dell’AI e della cibernetica in generale.

Cibernetica, una nuova forma di IT per nuove sfide imprenditoriali

Nel 1947 il grande matematico statunitense Norbert Wiener pubblicò un libro, tradotto in italiano fin dal 1951, intitolato: Cybernetics  or control and communication in the animal and the machine che apri la strada addirittura ad una nuova scienza che viene definita appunto la “Scienza che studia dal punto di vista teorico e applicativo la riproducibilità su macchine del comportamento degli esseri umani”.

Ho recuperato questo termine “antico” proprio perché include tutte le singole discipline (AI, Machine Learning, Predictive Analytics, BI, ecc.) che oggi possiamo impiegare per affrontare e risolvere le problematiche relative alla riproducibilità dei comportamenti degli esseri umani anche nelle condizioni di maggiore aleatorietà .

Automazione dei contesti decisionali

La vera grande innovazione degli ultimi anni consiste nel fatto che l’enorme potenza di calcolo dei moderni computer ci permette finalmente di risolvere progressivamente le enormi difficoltà teoriche, metodologiche, computazionali per riprodurre i comportamenti umani nei casi di eventi con esiti non prevedibili, come tutti i sistemi che comportano decisioni.

La  differenza  tra l’IT e la cibernetica è la stessa che esiste tra l’apertura  di un conto corrente e la concessione di un finanziamento all’impresa.

L’apertura di un conto corrente segue norme ben precise e senza possibilità di deviazioni, cioè con eventi con esiti prevedibili. L’IT è stata in grado di automatizzarla da oltre quaranta anni.

La concessione di un finanziamento segue anch’esso norme precise ma sono concesse ampie discrezionalità in ogni singola operazione sulla valutazione dei contenuti dei profili di rischio e della capacità di rimborso nel futuro del richiedente. Si tratta di oltre un migliaio di decisioni singole (solo la valutazione dei bilanci e del futuro dell’impresa avrà più di 500 decisioni) prese da centinaia di persone diverse in diversi contesti e territorialità. Difficile pensare che siano tutte eseguite allo stesso livello di eccellenza e conformi al massimo dell’efficacia, senza contare il tempo impiegato.

Apprendimento progressivo dalla realtà

La grande novità dell’innovazione disponibile in questo mondo consiste nel fatto che questi nuovi prodotti “cibernetici” non possono essere programmati come avviene per quelli tradizionali, che hanno un esito predefinito, ma hanno un motore interno, non visibile agli utenti, predisposto per apprendere dall’uso le “infinite” relazioni causa/effetto della vita reale, migliorando progressivamente la propria conoscenza per accumulo e comparazione e senza mai dimenticare.

Si immagini la complessità e la numerosità delle decisioni per approvare o respingere dei finanziamenti in una Banca con 200 filiali e 10.000 clienti che ne fanno richiesta ogni anno.  Si tratta di diversi milioni di decisioni ogni anno, ciascuna con forti elementi di differenziazione rispetto alle altre, se non altro per territorialità.

Nessuno ha mai affrontato questo mondo con la IT tradizionale, mentre ora è possibile con i prodotti cibernetici che possiedono una caratteristica mai vista nel passato: più vengono usati, più si addestrano e più sono nella posizione di migliorare il proprio contributo alle attività degli esseri umani in modo sempre più pervasivo e qualificato. La soluzione non è improvvisa ma progressiva e sempre migliorativa.

La distillazione dei comportamenti di eccellenza “personalizzata”

Altra grande novità dei prodotti cibernetici consiste nel fatto che la possibilità di gestire enormi masse di dati elementari (Big Data, Machine Learning) consente di individuare e distillare comportamenti di eccellenza altrimenti non disponibili o non facilmente accessibili. L’esempio dell’approvazione delle pratiche di finanziamento di una banca media fornisce di nuovo una dimensione del problema.

La conseguenza è che si costruisce progressivamente un deposito di pratiche di eccellenza che migliorano costantemente con l’uso e che, quando vengono rese accessibili agli utenti, innescano un circolo virtuoso nel quale i prodotti cibernetici migliorano costantemente e riversano queste conoscenze sugli utenti che migliorano a loro volta livellando verso l’alto la loro produttività e la loro efficacia.

Questo significa  però che la versione finale di un prodotto cibernetico è la personalizzazione della vostra eccellenza.

Un’altra novità del mondo “cibernetico” consiste nel fatto che, contrariamente alla IT tradizionale, non è possibile comprare soluzioni preconfezionate dall’esterno poiché i comportamenti di eccellenza che tende a riprodurre non possono essere ovviamente quella di un’altra impresa perché sarebbe per lo meno controproducente, se non illegale, copiare, o addirittura sottrarre, l’eccellenza alle imprese concorrenti.

Non è possibile fare i tests di accettazione

Il mondo cibernetico è un mondo euristico (più o meno significa faccio del mio meglio, meglio di niente, ecc.) con un approccio fortunatamente di miglioramento progressivo e continuo.

Se ne deduce che non è possibile definire esattamente gli outcomes dell’applicazione ai fini dell’accettazione contrattuale del risultato e gli uffici acquisti dovranno abituarsi ad adottare procedure che prevedono un controllo che i risultati siano più o meno coerenti con le aspettative ma anche questo non è totalmente vero perché i prodotti cibernetici scoprono anche quello che non si conosce che esista.

Un bel problema, che tratteremo nei prossimi articoli.

Cibernetica e Digital Lending

Il mantra delle Banche di questi tempi si chiama digital lending, il che significa disporre di strumenti cibernetici in grado di valutare (decidere?) autonomamente in termini di ore se accordare o meno un finanziamento all’entità che lo richieda, avendo analizzato tutti i possibili elementi positivi e negativi del passato, le prospettive future del richiedente e valutando globalmente la sua capacità di rimborso.

Non stiamo parlando dei prossimi decenni, già oggi alcune Banche erogano finanziamenti con un solo giorno di ritardo dalla richiesta.

Un ultimo commento: ribadisco, non stiamo parlando dei prossimi decenni. Nel libro di Eric Siegel “Predictive Analytics”, scritto nel 2016, sono citate oltre 182 applicazioni di prodotti “cibernetici” già operanti in diverse aree nel  mondo. Se non ho letto male, non ce n’è una italiana.

Ed allora cosa fare? Riflessioni e suggerimenti su Cibernetica e Competitività nei prossimi articoli

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